Enrico Maria Troisi

THE GAY AFTER, ovvero la differenza fra scopare ed avere uno scopo – Enrico Maria Troisi

Lo psichiatra Enrico Maria Troisi

 

Doc3, Rai3, “Prima di tutto” (in ultima serata!?), documento del 19.9 su una famiglia gay che risale la china della conquista del diritto di cittadinanza grazie alla disobbedienza civile di tanti uomini e donne italiani. La salute ed il sorriso di due figli, e il loro diventare uomini, questo era/è l’unico scopo della coppia, oltre alla realizzazione di se stessa. Guardavo, con invidia e nostalgia la coppia e i due figli, avuti dall’utero di una splendida statunitense, coniugata e già mamma, ma, nello stesso tempo, ero attraversato da una profonda inquietudine. Quella di essermi lasciato convincere a non avere più pregiudizi, ora che valori e schemi tradizionali sembrano solo stereotipi. devo provare a falsificare la prova che quella improbabilitá sia normale, come testimoniato dal film. Solo così la considererò un dato incontrovertibile. Per esempio, la coppia gay del documentario è sufficientemente ricca e colta, ha una cospicua rete di fiducia e due famiglie benestanti alle spalle, con regole tradizionali ma senza riserve. Cioè, se puoi contare su danaro, cultura, amici e una robusta famiglia, puoi rovesciare il tavolo. Sennò sarai perlomeno malamente discriminato. Ma queste sarebbero anche le variabili che condizionano la vita di una famiglia tradizionale. Quindi potrebbe essere la poca e maldistribuita ricchezza, materiale e non, a determinare l’anomalia di un’unione gay con figli? In un epoca in cui le differenze di ruolo, sesso ed età tendono ad annullarsi mentre quelle economiche vengono magnificate, parrebbe proprio di sì.

Enrico Maria Troisi

PAPE SATAN, PAPE SATAN “ALEPPO” – Enrico Maria Troisi

PAPE SATAN, PAPE SATAN “ALEPPO”.
Ho preso in prestito deformandole, le famose parole pronunciate all’indirizzo di Virgilio e Dante da Pluto, guardiano del quarto cerchio nel Canto VII della Commedia, : “Pape Satàn, pape Satàn aleppe”. Secondo una delle tante interpretazioni la frase, molto oscura, potrebbe derivare dall’Arabo. Abbūd Abū Rāshid, primo traduttore arabo della Divina Commedia interpretò questi versi come la trasformazione fonetica di una espressione araba, traducendoli in arabo come Bāb al-shaytān. Bāb al-shaytān. Ahlibu (“La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa”). I versi pronunciati successivamente da Virgilio in risposta alla oscura minaccia del Guardiano, tendono a rassicurare l’ormai terrorizzato Dante: Non ti noccia / la tua paura; ché, poder ch’elli abbia / non ci torrà lo scender questa roccia. Il richiamo all’inferno della guerra civile in Siria mi è sembrato perfetto. La Commedia sembra calzar bene ad Assad e a pennello per i Ribelli. Pluto incita, sfida i Poeti ad affrontare il terrore e Virgilio esorta ancora Dante al coraggio. Mi ha colpito la determinazione del tiranno Assad nell’ordinare la distruzione della sua gente e della sua terra, e la forza, altrettanto cieca, che ne ha ricavato il popolo in rivolta. Tutto in Siria finisce, davanti ai nostri occhi, in una colossale ed irrefrenabile autodigestione. Diceva Alfieri che “…Nelle repubbliche vere amavano i cittadini prima la patria, poi la famiglia, quindi sè stessi: nelle tirannidi all’incontro, sempre si ama la propria esistenza sopra ogni cosa…(De La Tiranide)”. Se le idee camminano sulle gambe degli uomini, è forse lo smisurato amore per sé che spinge Assad ad ordinare il massacro indiscriminato della sua gente, pur sapendo che non c’è alcun futuro per il suo regime, ma soprattutto per sè. Ed allora l’amore si converte in odio. Ma altrettanto, i combattenti sono animati da un desiderio di autodistruzione che si afferma sfruttando la catena di trasmissione della vendetta, e non si giustifica con la conquista di diritti negati, di legalità, di democrazia. Tutta questa autodistruttività azzera le gerarchie familiari e calpesta la morale: non ci sono bambini da risparmiare, o giovani o donne o anziani. Ovunque cadono tonnellate di esplosivo e si consumano stragi. Ragioni geo-strategiche impediscono ai soliti sceriffi di intervenire, mentre L’Europa è distratta da una guerra finanziaria senza precedenti, l’ONU è del tutto impotente, Papi e Ayatollah non riescono a tappare ll vaso di Pandora, nè invocano più la pace. Questa mi sembra una guerra civile diversa dalle altre. Più morbosa, più “sacrificale”, più “emotiva”, meno “tattica”, totale. La rete e i filmati catturati qua e là testimoniano di una carneficina senza logica se non quella della distruzione come fine, non come mezzo. Cosa accadrà ancora varcata la porta…?

Enrico Maria Troisi

LE OPINIONI IMPEDISCONO AI FATTI DI ESISTERE? Enrico Maria Troisi


Angelo di Carlo, 54 anni, si è dato fuoco davanti a Montecitorio il 12 agosto, nella calcolata (?) indifferenza dei media, ed è morto ieri. Lascia 160 euro in eredità al figlio superstite. La notizia è stata filtrata, trattenuta, o altro, per cui Angelo di Carlo non s’è mai ucciso fin quando non è morto! Un dramma privato (il Di Carlo risulta vedovo, disoccupato) sfociato in un martirio pubblico non merita alcuna riflessione, nè un approfondimento, nè niente, fin quando non sia accertata l’adesione dell’uomo ad una qualsiasi delle sigle sindacali o ai gruppi di attivisti che popolano il panorama della rappresentanza politica italiana (non certo i Partiti). Anzi “guarda e passa”, come nella ritirata dell’Armir: quando devi salvare la pelle metti a riposo la coscienza. Angelo di Carlo non ha neanchè la dignità di diventare una statistica. Deve essergli andato tutto Murphynianamente storto nella vita, come, ahimè, nella morte. Si dirà che “era instabile”, “impulsivo”, “fanatico”, “oltranzista”, “coerente” e pure “depresso”. O tutto,al contrario, che il suo gesto è Anomico, per dirla alla Durkheim, o frutto di un calcolo sbagliato: non c’erano sufficienti media è la benzina aveva troppi ottani! Si sprecheranno esegesi psico-sociologiche, da sbattersi in faccia fra i professionisti della politica per attribuirsi, secondo le convenienze, colpe, responsabilità e meriti dell’attuale situazione. Ma un fiore ed un fondo di solidarietà potrebbero significare molto, ma molto di più di una prima pagina di sdegno…..

Enrico Maria Troisi

http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/08/19/news/si_diede_fuoco_davanti_a_montecitorio_e_morto_il_disoccupato_ustionato-41170172/

Risposta a Salvatore Spoto:

Caro Salvatore Spoto, la scelta concernente l’immagine che accompagna il breve articolo di Enrico Maria Troisi riguarda solo la redazione di questo blog, quindi me personalmente e inequivocabilmente (…). Tengo a sottolineare che tale immagine è apparsa – molto prima di questo articolo del Prof. Troisi (psichiatra e criminologo, che ci onora della sua presenza nella redazione) – su tutti i media internazionali, e ha fatto il giro della rete, evidentemente non essendo sottoposta ad alcuna censura o a qualsivoglia critica del genere che lei menziona – “paura ed emotività”. Ritengo che siano ben altre le immagini che vadano sottoposte a tale critica, e non questa che – a prescindere dall’uso che l’informazione ne ha fatto, istituzionalizzandola quale “documento” al pari delle stesse che, in altra epoca, e che lei ricorderà perfettamente anche meglio di me, data la sua professionalità che ben conosco, documentarono per esempio la tragica storia di Jan Palach. Quando dico “ben altre”, mi riferisco esattamente a ultimissime immagini che Il Messaggero, per il quale mi risulta lei ha collaborato per anni e anni, ha pubblicato, e che risultano essere solo il frutto di una tecnica di comunicazione da tempo in uso che degrada la professionalità che – giustamente – si vorrebbe salvaguardare, delle testate e dei giornalisti. Purtroppo non sempre le cose vanno così, e – per quanto mi riguarda – preferisco il valore documentale, anche se drammatico quanto la realtà lo è, e che quindi afferisce eticamente alla stessa, e non alla spettacolarizzazione gratuita e volgare, intellettualmente parlando, dei fatti. Per chi non se ne rende conto abbastanza, da smuovere nel suo proprio piccolo le coscienze, i fatti recentissimi che hanno provocato una serie di suicidi in Italia vanno riportati così come sono, a mio parere, e chi vuole vederci una spettacolarizzazione morbosa farebbe bene a valutare quelle “ben altre” di cui parlo, e che pubblico qui di seguito, allo scopo di documentare quanto affermo, al solo titolo di esempio. Se i “colleghi” di cui lei parla nei due commenti sono interessati sia agli aspetti deontologici che a quelli minimal retorici, e per caso fanno parte anch’essi de Il Messaggero, allora farebbero buon uso del loro tempo a interrogarsi su cosa spinge Il Messaggero a pubblicare queste foto, in un clima tanto drammatico e spietato che stiamo vivendo, dove anche la sola tentazione a pensare di vendere qualche copia in più, usando questi mezzi, diventa esecrabile, e – conoscendola personalmente e stimandola al punto di averla invitata a far parte d questa redazione, come da lei espresso in un commento al post STOP IT, quindi rispondendo a un suo desiderio liberamente espresso in pubblico – sarei molto curioso di conoscere il suo illuminato e puntuale pensiero nel merito. La redazione ha già provveduto a rimuovere il banner con la sua foro, egregio Salvatore Spoto. Evidentemente, la diversità di vedute, tra me e lei, è tale che questa azione risulta gradita ad entrambi, e nonsolo a lei. Per il resto, la lascio alla risposta del Prof. Troisi, che non voglio – in questo momento – surrogare né sostituire. Per ciò che lei intravede come un vero e proprio attacco alla categoria di cui fa parte. Mi esprimerò senz’altro dopo Enrico Maria Troisi, avendo io personalmente deciso di pubblicare il suo articolo. E non ritenendolo affatto un attacco alla categoria dei giornalisti, ma una puntuale precisazione di quanto viene sistemicamente occultato da molta (non tutta, ovviamente) “stampa”, come una volta si usava dire, ma che oggi verrebbe definita meglio, là e dove ce ne sia il bisogno, “protesi dei partiti politici”… intelligenti pauca. Intanto la saluto e la ringrazio dei suoi commenti.

Salvatore Maresca Serra