silvio berlusconi

PER UN PUGNO DI 40 MILIONI «Così Dell’Utri ricattava Berlusconi»

Silvio Berlusconi - Caricature

Silvio Berlusconi – Caricature (Photo credit: DonkeyHotey)

 

Per l’accusa l’ex premier pagò il silenzio nei processi

PALERMO – Sono tanti soldi, più di quaranta milioni, quelli che Silvio Berlusconi ha versato a Marcello Dell’Utri negli ultimi dieci anni. Il prezzo del ricatto, secondo l’accusa, esercitato sull’ex presidente del Consiglio da uno dei più stretti collaboratori colluso con la mafia. Il quale, per tacere particolari scomodi o per altre ragioni legate alle sue «relazioni pericolose» con i boss, ha costretto Berlusconi a pagarlo profumatamente. Anche di recente. Almeno fino alla vigilia della sentenza della Cassazione, dopo la quale sarebbe potuto finire in galera. A meno di darsi a una clamorosa latitanza. Invece evitò la cella perché la Corte annullò la condanna, pur confermando i rapporti dell’imputato con Cosa Nostra negli anni Settanta e Ottanta. Ma il ricatto, nell’ipotesi della Procura di Palermo, non s’è mai fermato.

Solo la metà di quel fiume di denaro risulta formalmente giustificata dall’acquisto di villa Comalcione a Torno, sul lago di Como. Venduta da Dell’Utri a Berlusconi per 21 milioni l’8 marzo scorso (il giorno prima del giudizio della Corte suprema, per l’appunto), nonostante una valutazione del 2004 fissasse il prezzo della lussuosa abitazione a «soli» 9,3 milioni. Tutto il resto non ha motivazione ufficiale, e i versamenti dai conti bancari dell’ex premier a quelli del senatore e di sua moglie sono stati registrati sempre sotto la stessa voce: «prestito infruttifero». Stesso discorso per la donazione di titoli bancari.

I magistrati considerano Berlusconi vittima della presunta estorsione realizzata dal senatore del Pdl che lo aiutò a fondare Forza Italia e l’ha accompagnato in tutta la sua avventura politica. E come lui sua figlia Marina, giacché alcuni pagamenti sono arrivati da conti correnti cointestati a lei. Per questo entrambi sono stati convocati.

La nuova indagine nasce da uno stralcio di quella sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi, tra il ’92 e il ’94, all’interno della quale un anno fa la Procura di Palermo acquisì le prime tracce dei movimenti milionari scovati dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta romana sulla cosiddetta P3 (Dell’Utri è imputato anche lì): 9 milioni e mezzo elargiti in tre tranche : 1,5 il 22 maggio 2008, tratto da un conto del Monte dei Paschi di Siena, e altri 8 tra il 25 febbraio e l’11 marzo 2011, arrivati da una filiale milanese di Banca Intesa private banking. Dopo gli approfondimenti degli investigatori delle Fiamme gialle sono venuti alla luce altri movimenti bancari sospetti, è così scattata la nuova ipotesi di estorsione. Collegata, più che alla trattativa, al processo per concorso in associazione mafiosa a carico del senatore.

Proprio mercoledì è cominciato il nuovo dibattimento di appello, dopo l’annullamento della Cassazione. Che però è stato parziale, poiché alcune parti della precedente sentenza sono state confermate. Come quella in cui è sancita la colpevolezza del senatore per i fatti precedenti al 1974. È stato definitivamente accertato che Dell’Utri, «avvalendosi dei rapporti personali di cui già a Palermo godeva con i boss, realizzò un incontro materiale e il correlato accordo di reciproco interesse tra i boss mafiosi e l’imprenditore amico Berlusconi», hanno scritto i giudici. Un’intermediazione da cui derivò «l’accordo di protezione mafiosa propiziato da Dell’Utri» in favore del futuro presidente del Consiglio. In questa trama criminale è rimasto impigliato il solo senatore, mentre Berlusconi non ha subito conseguenze nonostante le inchieste subite (è stato più volte inquisito dalla Procura di Palermo, ma sempre archiviato) sulla misteriosa origine dei suoi capitali. Oggi l’ipotesi dell’accusa è che con quei quaranta milioni, e chissà quali altre «donazioni» non ancora scoperte, l’ex premier abbia comprato il silenzio del suo amico e collaboratore su qualche particolare che poteva trasformarlo da vittima dei boss in un complice consapevole dei traffici di Cosa Nostra.

In questa ricostruzione Berlusconi è diventato dunque vittima di Dell’Utri, dopo esserlo stato della mafia per i ricatti dai quali il senatore lo avrebbe liberato grazie ai suoi «buoni uffici» negli anni Settanta e Ottanta. Ad esempio attraverso l’assunzione come stalliere nella villa di Arcore del «picciotto» Vittorio Mangano, «indicativa di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia», scrivono ancora i giudici della Cassazione.

La convocazione dell’ex premier in Procura coincide con quella chiesta dal sostituto procuratore generale nel nuovo processo d’appello a Dell’Utri. Anche in quel giudizio l’ex capo del governo è considerato dall’accusa una «persona offesa» dai reati attribuiti all’imputato. Nel 2002, ascoltato dal tribunale, si avvalse della facoltà di non rispondere poiché all’epoca era indagato in un procedimento connesso. Oggi non lo è più, e quindi sarebbe obbligato a rispondere. Come in Procura. I legali di Dell’Utri si sono opposti alla sua testimonianza. La Corte d’Appello deciderà, i procuratori hanno già deciso.

L’acquisto della villa sul lago di Como, oltre a non spiegare l’intera somma dei versamenti, agli inquirenti sembra un paravento. Al di là della sopravvalutazione rispetto alla stima del 2004, infatti, Dell’Utri giustificò i «prestiti infruttiferi» del 2008 e del 2011 con i restauri da effettuare in quella residenza. Finanziati da Berlusconi, dunque, che alla fine avrebbe l’avrebbe pagata più di 30 milioni. Un po’ troppo, pensano i pubblici ministeri in attesa di spiegazioni.
Giovanni Bianconi

Nicole Minetti ad Arcore: faccia a faccia con Berlusconi – Milano

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La consigliera del Pdl convocata dopo una giornata in cui si sono rincorse le voci di sue dimissioni

MILANO – Nicole Minetti è ad Arcore per un incontro con Silvio Berlusconi. Secondo quanto riferiscono fonti di partito, la consigliera regionale lombarda è arrivata nella residenza del Cavaliere. Su di lei pende la richiesta di dimissioni più volte reiterata dal segretario del Pdl Angelino
LA GIORNATA IN CONSIGLIO REGIONALE – Nicole Minetti si era presentata martedì mattina in Consiglio regionale per partecipare a una seduta straordinaria su Expo. Giacca beige, maglietta e pantaloni neri e tacchi alti. Abbronzata, dopo aver trascorso qualche giorno in relax a Porto Cervo, in Sardegna, mentre sulla terra ferma si discuteva delle sue (richieste e sollecitate) dimissioni.

DOMANDE E FOTO – La consigliera regionale del Pdl non ha rilasciato nessuna dichiarazione. Per raggiungere il suo posto a sedere è passata tra un’ala di cronisti e fotografi che le hanno fatto mille domande e scattato innumerevoli flash. Lei non ha risposto. Non era imbronciata come al solito ma non ha voluto dire nulla. In molti, tra i colleghi, sono andati a salutarla.

«PER IL BENE DI TUTTI» – «Per il bene di tutti non ho intenzione di rilasciare dichiarazioni per cui smettiamola qua, non dico altro, non rispondo a nessuna domanda; quindi per cortesia veniamoci incontro». Questa è stata la risposta di Nicole Minetti ai giornalisti. A una domanda sulle dichiarazioni di ieri (lunedì 16 luglio, ndr) di Daniela Santanchè, la consigliera regionale, imputata al processo Ruby bis e di cui diversi esponenti del Pdl chiedono le dimissioni, ha commentato: «Non rispondo a nessuna provocazione né domanda». E poi, ha comunque detto ai cronisti di offrire «volentieri il caffè a tutti quanti».

FORMIGONI – «Evitate di dire che sono imbarazzato o preoccupato e nervoso, io sono serio, tranquillo, quasi gioioso, e determinato come sempre». A dirlo è il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, a margine dei lavori del Consiglio regionale, parlando delle eventuali dimissioni di Nicole Minetti. Lunedì il coordinatore regionale Pdl, Mario Mantovani, aveva dichiarato che sarebbero arrivate in giornata ma fino ad ora non risultano arrivate all’ufficio protocollo. Formigoni ha sottolineato: «Ieri (lunedì, 16 luglio, ndr) ho fatto riferimento alle parole del coordinatore regionale Mantovani io non ho informazioni ulteriori. A quanto risulta le dimissioni non sono state date e non so se e quando le darà»

L’«INCIDENTE» – Una prognosi di 10 giorni per una distorsione alla caviglia. È quanto accaduto al consigliere lombardo della Lega Nord, Roberto Pedretti, travolto dalla folla di giornalisti, cameraman e fotografi che inseguivano Nicole Minetti in Regione.

NICOLE MINETTI NON SI E’ DIMESSA

MILANO – Nicole Minetti non si è dimessa. All’ufficio protocollo del Consiglio regionale della Lombardia non è arrivata nessuna comunicazione e dunque la consigliera, indagata per favoreggiamento dellaprostituzione insieme a Lele Mora ed Emilio Fede, resta in carica. Oggi quindi alla seduta del Consiglio dedicata all’Expo, se sarà presente, tutti gli occhi saranno puntati su di lei. Sembrava che le dimissioni fossero cosa fatta, tanto che il segretario del partito Angelino Alfano ha risposto senza esitazioni «sì» quando gli hanno domandato se oggi si sarebbe dovuta dimettere. Invece per ora nessun passo indietro. Anzi, la consigliera senbra avere altre preoccupazioni, come suggerirebbero le immagini che la ritraggono a Porto Cervo.

Ad ogni modo c’è chi in questo ritardo ci legge anche un indebolimento dell’autorità del segretario, un nuovo colpo dopo la decisione di Silvio Berlusconi di ricandidarsi. Roberto Formigoni per ora glissa. Ricorda solo che «le dimissioni sono un istituto personale». Insomma, la palla è in mano a Nicole Minetti. Si parla di una trattativa serrata per lasciare, qualcuno prevede fra qualche giorno, qualcuno ad ottobre per maturare il vitalizio. In realtà, secondo il regolamento del Consiglio, Minetti deve dare una comunicazione scritta all’ufficio di presidenza e alla giunta delle elezioni e poi le sue dimissioni devono essere votate nella prima seduta disponibile.

L’ex ballerina di Colorado non ha rilasciato dichiarazioni. Ma hanno parlato, abbondantemente, quelli che l’attaccano, con il pressing del Pdl che continua, e quelli che la difendono. Secondo Ignazio La Russa «sarebbe bello se non fosse la sola» a dimettersi. Secondo Daniela Santanchè, Minetti «in questi mesi ha dimostrato di non essere adatta alla politica». Più sfumato il commento dell’ex ministro Mariastella Gelmini, convinta che fra qualche anno si dovrà chiedere scusa alle ragazze che andavano alle feste di Arcore.

«La sua candidatura è stata un errore, soprattutto per lei – ha spiegato -. Credo che la Minetti avrebbe la possibilità di esprimere le proprie capacità in altre direzioni». L’ex ministro dell’Istruzione dice no al linciaggio e in tanti difendono l’igienista dentale più famosa d’Italia. Le è arrivata una lettera aperta dei blogger Pdl di Retrovia – sito nato dopo l’esperienza dei formattatori – che accusandola ironicamente di tutti i danni del partito in realtà puntano il dito su Berlusconi, sui vertici del partito e su «cuordileone Alfano».

Da radicali, Pd, Sel e Idv arrivano critiche al Pdl che ne fa un capro espiatorio, con richiesta di dimissioni di Formigoni e/o Berlusconi. In pratica tutti quelli che avevano criticato la sua candidatura nel listino bloccato due anni fa, adesso criticano e considerano ipocrita la richiesta di dimissioni. Resta da vedere se arriveranno

Merkel, il portavoce gela Berlusconi: «Con lui nessun contatto da mesi»

BERLINO – Silvio Berlusconi e Angela Merkel «non hanno più avuto contatti da quando non è più premier, quindi non posso parlare attualmente di un rapporto cordiale». Lo ha detto il portavoce delgoverno tedesco Steffen Seibert aggiungendo che quando hanno lavorato insieme c’è stata «una buona collaborazione italo-tedesca».

L’intervista. Il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert ha risposto alla domanda di un giornalista sulle affermazioni fatte dall’ex premier in un’intervista alla Bild. «Ho un cordialissimo rapporto con la signora Merkel. La stimo per la sua franchezza, la sua serietà, la sua competenza, la sua dedizione. E non dimentico che insieme a me ha visitato l’Abruzzo dopo il terremoto», ha detto Berlusconi al tabloid tedesco.