assassinio

Damasco, bomba: ucciso ministro della Difesa e cognato di Assad

Morti anche il ministro dell’Interno e il capo della «cellula di crisi». Responsabile forse guardia del corpo. Slitta voto Onu

È il giorno della paura e del sangue per Bashar al-Assad e gli uomini più vicini al presidente siriano. Il ministro siriano della Difesa, Dawoud Rajiha, e il suo vice Assef Shawkat (cognato di Assad) sono morti nell’attentato contro il quartier generale della sicurezza a Damasco dove era in corso un vertice tra il governo Assad e i capi dell’intelligence. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un attacco kamikaze o di una bomba lasciata nel palazzo probabilmente da un infiltrato. Nell’esplosione sarebbero rimasto ferito anche il capo dell’intelligence, Hisham Bekhtyar, che è stato sottoposto ad un’operazione chirurgica. Feriti «in maniera critica» anche alti funzionari della sicurezza. È morto anche il ministro dell’Interno, Mohamed Ibrahim Al Shaar. Mentre è stato ucciso anche il generale siriano Hassan Turkmani, capo della “cellula di crisi che coordina le azioni contro i ribelli».

Il ministro della difesa morto nell’attentato
RIVENDICAZIONE – Il Libero esercito siriano (la milizia dei ribelli anti-Assad) ha rivendicato l’attentato e ha smentito si tratti di un attentato kamikaze. «Questo è il vulcano di cui abbiamo parlato, abbiamo appena iniziato», ha avvertito il portavoce Qassim Saadedine. «Il Vulcano di Damasco e il terremoto della Siria» è il nome dell’operazione lanciata lunedì dai ribelli contro le forze del presidente Bashar al-Assad. Anche un gruppo islamista di opposizione al regime siriano, Liwa al-Islam, ha rivendicato su Facebook la responsabilità dell’attentato.
CIRCONDATO OSPEDALE – L’edificio dove è avvenuto l’attentato si trova sulla Piazza Rauda, nel quartiere di Abu Roummaneh. La zona è vicina alle ambasciate italiana e americana ed è sottoposta normalmente a strette misure di sicurezza. La Guardia repubblicana ha circondato l’ospedale Shami, dove sono stati portati i feriti. Nel frattempo le truppe fedeli al regime siriano di Bashar al-Assad si sarebbero ritirate dal quartiere di Midan, nella periferia di Damasco, dove da giorni combattono con le milizie dell’opposizione. Lo ha annunciato Abu Bakr, capo della brigata Abu Omar che fa capo all’Esercito siriano libero, alla tv satellitare al-Arabiya. I soldati di Assad avrebbero anche abbandonato in strada alcuni mezzi militari

Il fumo che si alza su Damasco
BOMBA O KAMIKAZE – A provocare l’esplosione potrebbe essere stata una bomba lasciata prima della riunione tra ministri e funzionari da qualcuno «interno» all’apparato di sicurezza e non un kamikaze, come riferito dalle fonti ufficiali. Ma a causare l’attentato potrebbe essere stato anche un kamikaze che indossava una cintura esplosiva. L’uomo sarebbe appartenuto alla ristretta cerchia delle guardie del corpo incaricate di proteggere i principali gerarchi del regime.
«TAGLIEREMO LE MANI AI RIBELLI» – Assad non molla. In un comunicato letto alla televisione di Stato, le forze armate siriane hanno detto che rimangono «più determinate che mai ad affrontare tutte le forme di terrorismo e a tagliare le mani di chi mette in pericolo la Siria». Il comunicato aggiunge che l’attentato odierno è opera di «mani prese in prestito da stranieri». Poi la minaccia: «Le forze armate sono determinate a finire di uccidere le bande terroristiche e i criminali e a ricercarli ovunque si trovino». «Chiunque pensi che colpendo i comandanti può piegare la Siria, si illude». Poi il governo siriano ha nominato nuovo ministro della Difesa il generale Fahd al-Furayj, in seguito all’attacco costato la vita oggi a Damasco al suo predecessore Daoud Rajiha e al vice Assef Shawkat, cognato del presidente Bashar al Assad.

PALAZZO PRESIDENZIALE – A Damasco si combatte per il quarto giorno consecutivo e la battaglia tra forze governative e ribelli si è avvicinata al palazzo presidenziale. Nel distretto di Dummar, una caserma dell’esercito – che si trova a poche centinaia di metri dal palazzo del popol – è finita sotto il fuoco dell’opposizione. «Sentiamo il rumore di armi da fuoco leggere. Le esplosioni stanno diventando sempre più forti dalla parte della base militare», ha riferito un architetto, Yasmine, al telefono dalla zona di Dummar. E una forte esplosione ha interessato una caserma dell’esercito siriano a Damasco. Secondo quanto riferisce al-Jazeera è stata colpita la sede del quarto battaglione dell’esercito. Si tratta della seconda esplosione registrata.

COMBATTIMENTI A DAMASCO- A Damasco «nelle ultime 48 ore si registra una escalation di violenza», con esplosioni e scontri a fuoco «in un raggio di 4 chilometri dal quartier generale degli Osservatori delle Nazioni Unite», nel pieno centro della capitale siriana. È il commento di alcuni membri della missione Onu a Damasco. «Da ieri udiamo esplosioni, continue sparatorie», anche se «non si tratta di una vera e propria battaglia», precisano le fonti. Gli Osservatori dell’Onu «non sono stati coinvolti fino a ora, anche se a Damasco tutti sono in pericolo, è ovvio». E più di sessanta soldati sono stati uccisi nella battaglia in corso nella Capitale con i ribelli dell’opposizione: è la stima dell’Osservatorio siriano sui diritti umani, che ha sede a Londra.

Combattimenti a Damasco
NUOVE DISERZIONI – Assad sempre più solo, dunque. E dopo che lo hanno abbandonato militari e diplomatici, si sono verificate nuove diserzioni tra le file delle forze armate siriane. Due generali di brigata hanno attraversato nella notte il confine con la Turchia, portando così a 20 il numero di ufficiali che hanno abbandonato l’esercito del presidente, Bashar al-Assad. «Circa 330 siriani, inclusi due generali di brigata, sono fuggiti nella notte. Sono in tutto 20 gli alti ufficiali siriani rifugiati in Turchia» ha detto un funzionario del ministero degli Esteri turco.
MOSCA – In Siria sono in corso «combattimenti decisivi»: lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, affermando anche che Mosca è contraria a una risoluzione in favore di un «movimento rivoluzionario» in Siria. Mercoledì il premier turco, Recep Tayyip Erdogan è arrivato a Mosca su invito del presidente russo Vladimir Putin «per una visita di lavoro» e «uno scambio di vedute sulle relazioni bilaterali e un confronto sulle principali questioni internazionali e regionali, compresa la situazione in Siria».

PARIGI – E dalla Francia è arrivata un appello affinché disertino e abbandonino Assad anche gli «ultimi appoggi del regime». «La lotta del presidente siriano Bashar Al-Assad per mantenere il potere è vana», ha aggiunto un portavoce del ministero degli Esteri francese. Bashar al Assad, ha detto il portavoce del Quai d’Orsay Bernard Valero, «deve capire che la sua lotta per conservare il potere è vana e che niente fermerà la marcia del popolo siriano verso la democrazia, che è nelle sue aspirazioni. Gli ultimi appoggi al regime – ha quindi aggiunto Valero – devono capire che la repressione non porta a nulla e li invitiamo a dissociarsi da questa sanguinosa repressione che va avanti da sedici mesi».

LONDRA – Di altro avviso rispetto a Mosca è il Foreign Office inglese. La Siria «è minacciata dal caos e dal collasso», nei quali rischia di precipitare data la situazione attuale, che è «persino peggiore di quella, terribile, prevalsa negli ultimi mesi»: così il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha commentato l’attentato suicida di a Damasco, costato la vita tra gli altri al ministro della Difesa siriano, Daoud Rajha, e ad Assef Shawkat, cognato del presidente Bashar al-Assad. «Ecco», ha spiegato il capo della diplomazia di Londra, «l’urgenza di garantire l’adozione non solo di una risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma di una risoluzione che possa condurre alla soluzione del problema, all’avvicinamento verso un processo politico di natura pacifica, e all’avvento in Siria di un governo transitorio». Hague ha quindi sottolineato che il provvedimento, sul quale il Consiglio medesimo voterà in giornata, oltre a non doversi limitare a richiamare le versioni che lo hanno preceduto, non deve neppure porre le basi per un tipo d’intervento militare quale quello della Nato in Libia.

USA -Preoccupati per la situazione in Siria sono gli Stati Uniti. Lo afferma il segretario alla Difesa Leon Panetta, sottolineando che c’è bisogno di aumentare la pressione su Assad. Il Pentagono ritiene che la guerra civile siriana stia «rapidamente finendo fuori controllo». Sulla stessa linea l’omologo britannico, Philip Hammond, a Washington, secondo il quale la situazione in Siria si sta deteriorando e sta diventando sempre più imprevedibile. Il presidente Usa, Barack Obama ha poi avuto un colloquio telefonico con il presidente russo Vladimir Putin sulla Siria. Lo rende noto la Casa Bianca spiegando che tra i due restano «divergenze».

ANKARA – La Turchia non ha nulla a che vedere con l’attentato di Damasco di oggi dove sono morti tre alti responsabili della sicurezza. Lo ha dichiarato in serata il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. «I regimi autocratici ricorrono in questi casi ai metodi che conoscono meglio: la disinformazione. La Turchia non ha nulla a che vedere con questo attacco», ha detto Erdogan ritornando da una breve visita a Mosca dove ha incontrato il presidente russo con il quale ha parlato della crisi siriana

ONU – Dato lo stallo diplomatico slitta l’atteso voto in Consiglio di Sicurezza all’Onu di una risoluzione che proroga la missione degli osservatori sul territorio slitta a domani, confermando le difficoltà al raggiungimento di un’intesa. Da un lato la Russia rimane a fianco di Assad, dall’altro i paesi occidentali non sono intenzionati a cedere sul riferimento a possibili sanzioni. Posizioni quindi opposte, indurite dall’attentato contro il Palazzo di Sicurezza di Damasco nel quale è rimasto ucciso anche il cognato di Assad. L’Italia, con il ministro degli esteri Giulio Terzi, conferma il proprio appoggio ad Annan ma ritiene urgente un’azione dell’Onu. Sulla crisi in Siria la Lega araba convoca una riunione straordinaria dei suoi ministri degli Esteri per domenica a Doha.

Femminicidio

Gli “uomini” che uccidono le donne – con questo ributtante termine “femminicidio” – odiano e uccidono la donna in sé, prima di ucciderla fuori da sé. Ho guardato Matrix ieri sera e non ho trovato nulla di questa fondamentale certezza: una chiave essenziale per affrontare alla radice questa strage, perché di una vera strage italiana, e non solo, si tratta. La parte femminile in un uomo, la migliore e la più “virile”, viene recepita come una minacciosa latenza inconfessabile di terrificante omosessualità, mentre è tutt’altro. È una completezza indispensabile al rapporto tra i due generi, e al rapporto con se stessi. Non se ne parla, o non se ne parla mai abbastanza ché è un argomento scomodo, in uno stato viriloide e fallocrate come il nostro. Quali donne, grandi donne, celebriamo nei monumenti, nelle dediche delle piazze e delle strade? Un’Italia così non può difendere la donna, né portarla sul piano del rispetto simbolico, di cui i potenziali assassini hanno bisogno. Ritengo nonsolo lo stato, ma soprattutto la chiesa responsabile di questo nefasto imprinting culturale. Alla donna non è stata mai concessa una legittimazione dell’autoaffermazione quale istituzione nella società, una piena coscienza di sé, un’autorevolezza significativa. Dove sono i riconoscimenti della chiesa alla donna? La riconoscenza? L’istituzionalizzazione piena e completa? Quando vedo una Merkel che tiene in scacco tutta l’Europa, da un lato dissento radicalmente con le sue scelte e gli interessi faziosi che rappresenta, dall’altro ne sono felice perché si tratta di una donna, comunque. Non avremo mai una donna autorevole come la Merkel in Italia. Forse non ce ne sono in giro di italiane all’altezza di questi ruoli? Ma davvero? O abbiamo solo quelle portate nelle istituzioni da Berlusconi, come la Minetti? Io vedo solo un occultamento dei modelli femminili, quelli veri, indispensabili alla risposta piena a questa strisciante strage quotidiana. Le donne devono farsi sentire, e trovare uomini veri che combattano al loro fianco. Se non ora… quando?

Salvatore Maresca Serra – Roma, 24 maggio 2012