L’architetto Isabella Goldmann
LA GIOIA DELLA FINITEZZA – Editoriale
Inutile nasconderlo: il vero nuovo anno inizia dopo la lunga pausa estiva dal lavoro. E come tutti gli inizi, è accompagnato da nuovi ferrei propositi.
Devo perdere 5 chili? Entro questa settimana voglio perdere un etto. Se ci riesco, faccio una festa (magari non a base di lasagne…). E via di questo passo.
Devo leggere 840 fascicoli entro lunedi? (oddio, se mi trovo in questo stato, forse i problemi sono più di uno, e di varia natura…): ne leggo tre al giorno, e gli altri…pazienza. Il segreto sta nel scegliere i tre giusti ogni giorno, ossia quelli che tra tutti, portano il beneficio maggiore.
Come diceva Oscar Wilde, «i buoni propositi sono inutili tentativi di interferire nelle leggi scientifiche». Ma lo diceva solo perché quando facciamo un buon proposito, questo di solito è gigantesco e quasi inarrivabile.
Se ci persuadessimo finalmente di non essere un dio (per molti questo potrebbe rappresentare un problema), scopriremo la gioia della finitezza, ossia la sorpresa di avere un limite. Nulla di più rassicurante.
Dietro il concetto di limite si declina l’essenza tutta della Natura nella sua espressione più nobile. Tutta l’evoluzione, a qualunque cosa si riferisca, si basa sull’allontanamento o estensione del limite, ma non nella sua negazione. In parole povere, dato un obiettivo importante, questo va frammentato in obiettivi consecutivi di breve periodo, molto piccoli e ravvicinati. Da accompagnare sempre con un piccolo premio. Piccolo, e possibilmente virtuale: un sorriso, un buon film, una bella telefonata, un bagno caldo.
Non basta? Allora è questo il territorio su cui dobbiamo lavorare di più: scoprire che un premio, per essere considerato tale, non è necessario che sappia di cioccolato, che abbia il tacco 12 o che contenga le ultime app.